Siamo Carichi: Quelli della notte...e non solo
Alcuni dicono che ci sono tanti tipi di camionisti, ad esempio, quelli che guidano di giorno e quelli che guidano di notte...
„Sono donna, mamma e camionista. Rigorosamente in quest’ordine”. Lei è Laura e si descrive così, se le chiedi di farlo.
A proposito di camion aggiunge: “compenso la mia piccola statura con i due metri di altezza del mio Volvo FM, perché nell’Fh non vedo fuori”.
Con il suo stile ironico e mai banale, nella serie “Siamo Carichi”, Laura ci racconta spaccati e momenti della sua vita di autista professionista.
In questo articolo, Laura ci parla di due tipi di camionista: quelli che viaggiano di giorno e quelli che viaggiano la notte.
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Di camionisti ce ne sono di tutti i tipi, un esercito variegato che popola le strade e che gode dei più svariati appellativi. Attraverso nomi di fantasia scritti sulle tabelle luminose, cercano di darsi un’identità che risulta sfocata e impercettibile mascherata dai parabrezza e dai camion che agli occhi di chi non sa, sembrano tutti uguali.
Identità che invece, gli automobilisti riescono sempre bene a riassumere in poche parole, etichettando i camionisti in un’unica categoria. Come accade per le ricette regionali che, a seconda della zona, cambiano il nome e qualche grammo di ingrediente, il camionista da nord a sud passa da “cafone”, “arrogante” fino a “'a stronzo”.
Noi lo sappiamo che questo è il nostro destino, lo accettiamo come dato di fatto e i nostri nomignoli che spaziano da “Titti” a “o’ imperatore”, passando anche per “Bomboniera e Briochina” a nulla servono per dare una diversa immagine di noi.
C’è però una cosa che nessuno sa ed è il motivo per il quale agli altri risultiamo scontrosi e arroganti (ammettiamolo, ogni tanto non siamo proprio quello che si dice un “role model”) … si chiama stanchezza.
Se nelle persone normali il ritmo circadiano, regola il ciclo sonno - veglia nel loro organismo, nel camionista l’unico ritmo che lo regola è quello arabico, generato dal tintinnio del cucchiaino dentro alla tazzina del caffè.
Provate ad immaginare la disperazione di chi lo beve amaro.
Quindi mentre tutti vedono nell’orizzonte l’inizio e la fine della giornata, lo scrigno dei loro pensieri più intimi, le aspettative per le notti magiche d’estate, il camionista vede solo una linea di mezzeria che separa due categorie di autisti: quelli che imprecano alla luce del sole da quelli che lo fanno al chiaro di luna.
Chi fa il giornaliero si alza trascinandosi verso il bagno dove fa amicizia con Michael Jackson in Thriller riflesso allo specchio. Si infila la prima cosa che trova nell’armadio per non svegliare nessuno ed esce di casa lasciandosi dietro oltre ai sogni, anche il buongusto.
Alle sette del mattino, dopo già quattro ore di strada, si prepara ad affrontare il traffico dei lavoratori a suon di panino e “sgroppino” con la mortadella e la mozzarella. Per certe scene ci vuole stomaco e va dimostrato perché le tangenziali a quelle ore diventano come supermercati in tempo di pandemia. Milioni di veicoli di ogni tipo si riversano come torrenti in piena ingorgando ogni spazio utile, condotti da chi ha tutt’altro per la testa che pensare a guidare. Chi legge, chi si trucca, chi fa colazione con una mano e firma un contratto con l’altra, chi litiga con il veicolo in quinta fila.
In mezzo sta il camionista, come un presentatore di un talk show a cui nessuno presta particolare attenzione ma che, al momento della mediazione tra due contendenti, viene preso d’assalto a suon di offese. Il camionista del giornaliero sta lì, osserva, brontola in solitudine e spera che l’ondata passi in fretta. Anche se sa perfettamente che dopo la prima, arriverà la seconda e anche la terza, da cui sarà letteralmente travolto.
Non solo per la stanchezza dovuta all’attenzione che serve per guidare in mezzo al traffico, ma anche per superare la delusione del sogno infranto che ogni camionista ha quando sceglie di salire per la prima volta in cabina: godersi il viaggio sulle lunghe e deserte autostrade accompagnato dalla propria musica preferita.
Aggredire l’asfalto con solo l’ardore dei nostri desideri è quello che ci spinge ad abbracciare il volante e attraversare la vita a due metri di altezza. Durante il turno giornaliero, invece, l’unica cosa che abbracciamo è il nervoso.
Chi invece ha l’onore di poter guidare di notte, è colui si sveglia con calma verso mezzogiorno, fa colazione con la pasta al ragù della sera prima e alle cinque del pomeriggio mangia la brioche con il cappuccino, parte al tramonto e rientra all’alba.
Nel mezzo vive a pieno il sogno di tutti noi, rilassato dalla sua playlist preferita, cullato dai pensieri illuminati a giorno solo da qualcuno che si è dimenticato gli abbaglianti accesi. O i retronebbia.
La notte è, di solito, più tranquilla e permette di lavorare meglio, ma ha un’unica grande kryptonite che conosciamo bene: il colpo di sonno. Nemico difficile da sconfiggere perché il famoso orologio biologico fa in modo che il nostro corpo sia progettato per rimanere sveglio di giorno e dormire di notte.
La vita del camionista, quindi, non è altro che una parentesi tra l’alba e il tramonto, ovvero tra un segno di stanchezza e l’altro. Magari fosse tutto così nitido, così preciso da poter garantire al nostro corpo un minimo di quotidianità. Purtroppo, invece ogni tratta, ogni tipologia di lavoro, ogni giornata ha le proprie peculiarità e i propri orari.
Giornaliero e notturno sono solo appellativi dati ai turni di lavoro, che hanno la stessa fermezza delle foglie d’autunno e che potrebbero avere più senso se stampati sulle tabelle luminose delle cabine. Quello del camionista è un lavoro che presenta infinite variabili e il nostro compito è accoglierle e farci trovare il più possibile preparati e organizzati.
Questo è il motivo per il quale, agli occhi degli altri, sembriamo dei vagabondi, con lo zaino sempre pronto e con l’unica certezza di sapere quando si parte, ma mai quando si torna.
Una cosa ci accomuna tutti però, ed è quella linea impercettibile che separa il giorno dalla notte, quella che permette di poter vivere due vite. Una dove rispecchiamo le aspettative altrui, l’altra dove invece accontentiamo i nostri desideri più intimi. Di notte, infatti, la mente viaggia libera di essere, di percepire e di ammettere quello che davvero vuole.
Ho sempre amato viaggiare di notte, ancora prima che salissi in camion. Di notte, il ritmo del rotolamento degli pneumatici si mescola con quello dei pensieri e spesso si allinea con i battiti del cuore. Noi autisti nonostante tutto siamo fortunati, là dove la gente comune vede l’inizio e la fine del giorno, noi cogliamo l’opportunità, per qualche ora di poterci perdere indisturbati tra le nostre sensazioni ed è il vero motivo per cui amiamo ancora così tanto il nostro lavoro.