Siamo Carichi : Lo scarico, ovvero l'infernale tragedia dell'autotrasportatore
Il momento dello scarico al magazzino è spesso una delle incombenze "meno appaganti" nella giornata di un autista.
„Sono donna, mamma e camionista. Rigorosamente in quest’ordine”. Lei è Laura e si descrive così, se le chiedi di farlo.
Da perfetto sagittario, le piace godersi i piaceri della vita: il buon cibo, la compagnia delle persone che ama e il suo cane Ray. Adora viaggiare ed avere dei momenti tutti per lei: ecco allora che la cabina del suo camion diventa il suo rifugio perfetto, là dove ogni cosa è a sua dimensione.
E a proposito di cabina e camion aggiunge: “compenso la mia piccola statura con i due metri di altezza del mio Volvo FM, perché nell’Fh non vedo fuori”.
Con il suo stile ironico e mai banale, nella serie “Siamo Carichi”, Laura ci racconta spaccati e momenti della sua vita di autista professionista.
Oggi è la volta di un momento temutissimo per ogni autista: lo scarico al magazzino!
Immaginate di essere tranquilli sul vostro camion, tutto è andato liscio: siete partiti per tempo, la scaletta della giornata prevede un tragitto semplice, tappe conosciute e bene organizzate, il traffico scorre fluido senza farvi perdere troppo tempo.
Ho appena descritto il paradiso, vero?
Eppure, ad un certo punto, nel bel mezzo del cammin di vostra giornata, vi ritrovate in una selva oscura, che la diritta via era smarrita.
Spaesati, impauriti e in preda allo sconforto siete come Dante all’inizio della Divina Commedia.
Quella che viene considerata una delle più grandi opere di tutti i tempi, è un poema allegorico perché Dante, tutto quello che scrive, lo usa per dirci qualcos’altro. Milioni di critici, studiosi e ricercatori si sono arrovellati per cogliere i significati dietro ai suoi versi, quello che però non sono riusciti a capire è che il sommo poeta, probabilmente inconsciamente, era riuscito a descrivere in modo perfetto il mondo del camionismo! (Per dirla come un poeta un po’ meno raffinato, ma decisamente più diretto: Chef Rubio, che di camionismo ha fatto indigestione).
"L’Infernale Tragedia dell’Autotrasportatore” - questo il titolo della nostra opera - è divisa in tre parti chiamate cantiche: non tanto per similitudine con la Commedia, quanto più per assonanza con le cantilenanti “preghiere” delle anime perdute chiamati autisti.
Tre, infatti, sono gli steps che ognuno di noi deve compiere almeno una volta al giorno.
Inizia anche con la stessa identica immagine: il protagonista smarrito, perduto in un cupo bosco desolato con davanti a sé…. il nulla! Lui, solo, deve cercare di orientarsi in quello che non sa essere il regno dell’Ade: l’ATTESA ALLO SCARICO.
Inesorabile, inevitabile, infernale.
Ognuno di noi si addentra nei gironi dei luoghi di consegna attraversando i tre regni per raggiungere la salvezza eterna.
Solo che qui il Paradiso, a cui è meglio credere, non esiste.
Appena partiti siamo quindi nel primo, il Limbo: luogo illusorio, dove l’eternità scorre leggiadra con ancora qualche sprazzo di speranza. Scanzonati e con qualche residuo di buon umore ci illudiamo che qui, tutto sommato si possa anche stare bene. Del resto, siamo, al momento, totalmente inconsapevoli di quello che ci aspetta dall’altra parte, oltre lo Stige, il fiume grigio dell’odio.
Quando iniziamo a navigarlo, acquistiamo consapevolezza di essere anche noi dei dannati. Se ancora non ci è stata assegnata alcuna punizione eterna, sappiamo che prima o poi quel momento arriverà.
La sensazione di inadeguatezza si fa sempre più acuta mentre cerchiamo di capire quale sia stato il nostro peccato: Dove abbiamo perso tempo?
Che sia stata a quella rotonda?
La pausa caffè nemmeno l’abbiamo fatta!
Calcoliamo i tempi morti che sembrano non esserci, eppure quel peso sulle spalle si fa sempre più opprimente.
Poi, subdola come la serpe, la risposta: è colpa del peccato originale.
Mentre per Adamo ed Eva era l’aver colto il frutto proibito e aver disubbidito a Dio, per l’autotrasportatore è aver preso le chiavi del camion e aver disubbidito al proprio padre quando gli disse: “Se fai il camionista, io ti disconosco!”.
Poiché ad ogni azione corrisponde una reazione e qui la faccenda è piuttosto grave, la conseguenza del peccato originale, per l’essere umano, è la natura mortale, per l’autista è ben dipinta nella memoria, come Michelangelo ha fatto nella Cappella Sistina, la sola e unica condanna: “Quando salirai in cabina, sarai già in ritardo!”
Insomma, Dante, come Paolo Fox, non ne ha sbagliata una. Un po’ astrologo, un po’ poeta e un po’ bastardo, se ne è anche lavato le mani dando a tutta la questione una bella morale secondo la quale se vuoi cambiare il tuo destino, tutto dipende da te.
Dante stava alla simpatia come la D’Urso sta all’eleganza.
A questo punto, qualunque persona sana di mente, si accontenterebbe di rimanere in questo stato di quiete, ma noi autisti: no! Impavidi e incoscienti, sfidiamo il destino illudendoci di poter davvero meritare la salvezza.
Con il nostro Caronte a sei gomme, attraversiamo il guado e raggiungiamo finalmente la riva opposta. Davanti a noi l’entrata dell’Inferno, dove va lasciata ogni speranza e dove si va per la perduta gente: il cancello del magazzino.
Oltre il punto di non ritorno ci aspetta, leggendario come Minosse il Minotauro, colui che tutto decide, che ti assegna la punizione eterna e il tuo girone: la guardia alla garitta, alla quale devi aver fatto un enorme torto e ti tratta come un traditore. Ti manda perciò a patire una delle pene peggiori che esistano, al gelo d’inverno e alla calura d’estate e con sguardo fermo e menefreghista proclama: „Aspetta fuori, ti chiamiamo noi.”
A questo punto ogni anima si rivela: i più incoscienti si trasformano in iracondi o violenti, altri in seduttori in cerca di corrompere la guardia, altri ancora in seminatori di discordie per passare la fila, i golosi si abbuffano per la noia.
Per loro non ci sarà perdono, i guardiani detengono il potere assoluto e più ci si ribella, più tempo si aspetta fuori.
Chi invece si è fatto furbo, o è stato guidato da qualche collega come ha fatto Virgilio con Dante, attende. Con pazienza e perseveranza, sapendo che ad un certo punto verrà chiamato.
“Tu Ortofrutta, al girone 9”.
Svisceri i colleghi invidiosi e passi dai gironi dell’Inferno alle cornici del Purgatorio, dove, se sei bravo, alla fine potresti anche compiere il tuo viaggio e vederne la fine.
Anche qui però, la strada è in salita, la montagna è alta e impervia e non sarai perdonato se non sconterai la tua pena.
Cerchi di rimediare, di recuperare il tempo perduto.
Salti la pausa caffè, la pausa pranzo. Scegli di mangiare al volo un panino e poi non vederci più dalla fame, poi ti sorpassa una Fiesta e ti sorge qualche dubbio sulla tua lucidità mentale.
Continui senza sosta: premi a fondo l’acceleratore, stai in scia al collega davanti cercando di sfruttare il bagaglio di esperienza di quando correvi in moto. Poi ti ricordi che le moto le guardavi solo in televisione, ma decidi che ti va bene lo stesso.
In qualche modo arrivi alla fine, sei ad un passo dal paradiso terrestre. L’ultimo miglio, lo sprint finale, il rettilineo prima dell’arrivo.
Scendi ancora con il camion in moto, ti allunghi come un corridore con il testimone e tac: piazzi trionfante all’arrivo le bolle dell’ultimo scarico della giornata.
C’è speranza, hai ancora ore per tornare a casa. Di fronte a te, glaciale come il boia al patibolo, l’uomo delle bolle ti guarda e sentenzia: “Sei arrivato tardi, ti scarichiamo domani!”
Le tue fatiche non sono state ripagate, ti guardi attorno in cerca di qualcosa per sopportare la delusione, poi ti trasformi in Rossella O’Hara consapevole del potere delle donne come Beatrice con Dante e chiedi: “Che ne sarà di me?” E lui prima di chiuderti davanti lo sportello ti guarda e ti dice: “Francamente me ne infischio!”
In preda alla disperazione e alla rassegnazione ti dirigi verso la cabina, chiudi la portiera, ti prepari per la notte.
Guardi fuori, sai che domani dovrai ricominciare tutto daccapo, ripartendo dal Limbo, attraversando l’Inferno e arrivando al Purgatorio.
Ma lo fai, perché in fondo, una speranza di conquistare il paradiso terrestre ancora la custodisci nel cuore e perché dopotutto domani….è un altro giorno!
#SiamoCarichi
Laura
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