Tutto quello che c’è da sapere sul Franco Fabbrica
Il Franco Fabbrica è il termine di resa più utilizzato dalle aziende esportatrici italiane. Nonostante gli oneri limitati, attenzione agli svantaggi
Nel commercio internazionale i rapporti tra venditore e compratore sono regolati dai cosiddetti Incoterms. Di cosa si tratta? La definizione è l’abbreviazione di International Commercial Terms, ovvero quei termini predefiniti e codificati dalla Camera di Commercio internazionale per definire i termini di pagamento nella compravendita delle merci.
Gli Incoterms vengono aggiornati ogni dieci anni e sono ormai una parte essenziale del linguaggio del commercio. Vengono incorporati nei contratti per la vendita di beni in tutto il mondo e forniscono regole e linee guida fondamentali per importatori, esportatori, avvocati, trasportatori e assicuratori che operano nell’ambito del commercio internazionale.
I termini di resa definiti da questo modello internazionale sono ben undici, ma quest’oggi entreremo nel dettaglio di uno in particolare: l’Ex Works (EXW), comunemente detto in Italia “Franco Fabbrica”.
Cosa significa Franco Fabbrica?
In un contratto di compravendita internazionale le finalità degli Incoterms sono quelle di disciplinare le obbligazioni tra le parti per quanto riguarda la consegna delle merci tenendo ovviamente conto delle spese ed i rischi connessi al trasporto e alla consegna.
In Italia il termine di resa più utilizzato dalle aziende esportatrici è il Franco Fabbrica, in quanto comporta un livello minimo di obbligazioni per l’impresa. Il venditore, infatti ha un’unica responsabilità: mettere a disposizione, alla data e luogo convenuto (il proprio magazzino), la merce e la relativa documentazione.
Di conseguenza tutti i restanti oneri pesano sul compratore estero. Quest’ultimo ha il compito di:
- caricare la merce sul proprio mezzo di trasporto;
- occuparsi delle formalità doganali di esportazione;
- scegliere le modalità e tipologie di trasporto;
- sottoscrivere il contratto di trasporto e l’assicurazione con un eventuale vettore.
Insomma, l’azienda esportatrice ha esclusivamente l’onere di mettere a disposizione la propria merce. Il Franco Fabbrica sfiora percentuali di utilizzo altissime in Italia: sul gradino più alto del podio c’è il Veneto con circa il 91% delle compravendite internazionali regolate con questi termini di resa. Fanalino di coda è invece l’Emilia-Romagna con “solo” il 58%.
Le statistiche dimostrano quanto il Franco Fabbrica sia in assoluto la modalità preferita nel nostro paese. La media nazionale si aggira intorno al 73%, una percentuale enorme se confrontata con la media europea che si ferma appena al 30%.
Sorge spontaneo allora chiedersi: il Franco Fabbrica è realmente così conveniente?
Pochi oneri, ma anche qualche svantaggio
Non è tutto oro ciò che luccica. Così anche il Franco Fabbrica, nonostante liberi l’azienda esportatrice da moltissimi oneri, la espone a qualche rischio. Quali?
Nel commercio internazionale il venditore ha l’obbligo di emettere una fattura di cessione non imponibile ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett.b DPR 633/72. Oltre a ciò, attraverso appositi documenti, deve provare – come stabilito dal regolamento dell’Agenzia delle Dogane - l’effettiva uscita delle merci dall’Unione Europea entro 90 giorni dalla data di consegna.
Mentre un tempo l’avvenuta esportazione delle merci veniva confermata da un visto della Dogana applicato alle fatture di esportazione, adesso il processo è stato completamente informatizzato. Il trasporto delle merci fuori dai confini dell’Unione viene segnalato attraverso il codice MRN (Movement Reference Number), cioè il codice identificativo di ogni singola dichiarazione doganale trasmessa in telematico.
Se da un lato l’appuramento per via telematica snellisce e velocizza le pratiche amministrative, dall’altro si costituisce come un rischio non indifferente: infatti, non in tutti i paesi extraeuropei è attiva la segnalazione attraverso il codice MRN. In certe situazioni quindi, ottenere la dichiarazione di esportazione potrebbe essere alquanto difficoltoso.
Se l’azienda esportatrice non è in grado di dimostrare l’avvenuta esportazione entro i 90 giorni dalla consegna è costretta ad effettuare il pagamento dell’IVA (in teoria non dovuto), rischiando anche delle sanzioni per una possibile violazione della legge sull’IVA.
Un danno al mondo della logistica
La diffidenza delle aziende esportatrici nostrane si riflette in maniera negativa anche sul mondo della logistica italiana. È un po' come se queste imprese non avessero fiducia negli operatori della logistica presenti sul territorio e preferissero affidare ogni aspetto all’acquirente estero.
Il Franco Fabbrica rappresenta una perdita di opportunità di business nell’ambito nazionale: delegare l’organizzazione della catena logistica al compratore estero, il quale a sua volta si avvarrà di infrastrutture e fornitori esteri, condiziona indubbiamente lo sviluppo del settore logistico in Italia.
Il deficit non riguarda solo il sistema paese, ma l’azienda stessa che si avvale del Franco Fabbrica. In un mercato con sempre più competitor, la qualità e il controllo della supply chain diventano fattori fondamentali per definire il posizionamento competitivo dell’impresa.
Qual è l’alternativa?
Il compromesso tra i vantaggi e i rischi del Franco Fabbrica potrebbe essere rappresentato da un altro termine di resa regolato dagli Incoterms: l’FCA (Free Carrier), conosciuto in Italia come Franco Vettore. Secondo questa modalità di consegna della merce, il venditore si occupa di far arrivare il carico ad un punto concordato con l’acquirente, solitamente un magazzino aziendale oppure un altro punto logistica. Qui, le merci vengono consegnate poi ad un vettore designato dall’acquirente.
A differenza del Franco Fabbrica le operazioni di sdoganamento spettano al venditore. Così facendo l’azienda può avvalersi di un operatore doganale di fiducia, concordando eventuali prezzi più vantaggiosi. L’aspetto però più rilevante resta proprio la sicurezza fiscale dell’effettuazione dell’operazione doganale in export, che evita di incorrere nei rischi di violazione della legge sull’Iva citati precedentemente.
Un’alternativa al Franco Vettore che permette di ottenere ulteriori garanzie è rappresentata dal CIP e dal CIF (applicato per il trasporto navale). Secondo questi termini di resa il venditore effettua la consegna direttamente al vettore dell’acquirente in un luogo concordato. Al momento della consegna il rischio sulla merce passa direttamente al compratore, nonostante spetti all’azienda esportatrice stipulare il contratto di trasporto e sostenere le spese necessarie per l’invio del carico al luogo concordato. Il venditore provvede anche alla copertura assicurativa su potenziali perdite o danni alla merce nella fase di trasporto verso il luogo concordato.
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